Da “Il quaderno di Maya” di Isabel Allende: “Non vedevo l’ora di tornare sulla nostra isola, dove la vita scorre come un fiume docile, c’è aria pura, silenzio e tempo per concludere i pensieri”.
Patrimonio unico del sud del Cile è l’Arcipelago di Chiloé. Si salpa da Pargua; nel tragitto in traghetto che dura una quarantina di minuti, si avvistano leoni marini intenti a procurarsi la colazione. Si sbarca nella Isla Grande, ad Ancud, l’unica località ad essere affacciata sul Pacifico anziché sul mare interno.
Poi s’inizia a guidare e a meravigliarsi…. si schiudono panorami dolcissimi, punteggiati da alberi di teak, querce, larici, pioppi ed eucalipti, distese verdi con allevamenti di mucche beate e apicoltura per miele di olmo, spazi aperti e prospettive ondulate che riempiono gli occhi. Come scriveva la cilena Marcela Serrano nel romanzo “L’albergo delle donne tristi” ambientato a Chiloé: Davanti a me, terra, colline e prati; ai lati, il mare. E’ tutto un fermento di verde e di blu … e ancora: il Signore doveva essere in pace quando ha creato questo posto.
Sì, doveva essere in pace quando si è inventato i fiordi di Chil-hue, letteralmente, posto dei gabbiani. La superficie è estesa, molto più dell’idea che ci si fa leggendo guide. Sei sono le cittadine principali e mediamente è alto il tenore di vita; dal 1978 la principale risorsa economica è l’allevamento del salmone, di cui il Cile è il secondo produttore al mondo, dopo la Norvegia.
Il turismo è iniziato negli anni Novanta; uno dei richiami è rappresentato dalle particolari chiese in legno che, volute dai Gesuiti, oggi sono 150. I missionari chiamavano l’arcipelago “Giardino delle Chiese”; la più antica di tutte (Santa Maria, del 1730) sorge ad Achao ed è una delle 16 dichiarate da Unesco Patrimonio dell’Umanità. Una chiesa splendida è quella dedicata a San Francisco, a Castro, capoluogo della provincia. L’edificio ha vissuto molte traversie dal lontano 1567; la versione attuale risale al 1910, risorta dopo vari incendi e terremoti. È interamente in legno, elemento che alleggerisce l’architettura gotica e la rende molto più accogliente. Dalle vetrate istoriate penetra una luce calda e vi aleggia una musica più tradizionale che sacra; all’interno sono esposti i plastici delle altre chiese Patrimonio Unesco e, curiosamente, una statua di Padre Pio con tanto di ex voto.
Castro è inoltre il luogo migliore per assaggiare il curanto, uno dei piatti cileni più tipici: consiste in un succulento stufato di pesce, verdure e carne cotto in un forno scavato sotto terra.
Un altro elemento che attira a Castro turisti e viaggiatori è dato dai palafitos; situate su estuari di fiumi o lagune, le colorate palafitte dei pescatori (che raccolgono anche le alghe, molto proteiche, poi essiccate e usate nell’alimentazione e nella cosmesi) hanno il retro che, affacciato sull’acqua, durante l’alta marea funge da molo. L’altra tipologia di architettura civile chilota è altrettanto interessante: le pareti sono interamente in legno, anche all’esterno, legno che può durare cento anni grazie ad una fibra di resina. Si presentano con formelle piatte, sottili, inchiodate fra loro, alcune al naturale altre tinteggiate con colori vivaci. Le liste, tagliate a mano, possono essere semplici o decorate, concave o convesse; per la posa si parte dal basso e i chiodi di fissaggio non si vedono, creando un effetto da casa delle favole.
La località è realmente incantevole e dopo la chiesa, le palafitte, le case di legno, il porto, i ristorantini di pesce, ha in serbo altre due sorprese; la prima è il Museo di Arte Moderna. MAM, aperto soprattutto durante l’estate cilena, accoglie mostre temporanee; ubicato in un posto idilliaco, comprende una dépendance dove gli artisti che espongono hanno a disposizione atelier, cucina e camere (www.mamchiloe.cl).
La seconda sorpresa riguarda la mitologia; è straordinariamente feconda quanto a simboli e significati, che hanno saputo resistere all’antica Inquisizione e alla moderna globalizzazione. In definitiva un quadro che smentisce, per una volta, Charles Darwin, che nel 1834 descrisse Castro come triste e deserta; ma allora c’era stato un terremoto…